di Lucia Bigozzi

Ilaria ha la pancia di una giovane donna che sta per diventare madre e lo sguardo pulito che affonda nei grandi occhi celesti. Marco sfodera un sorriso aperto, caldo, autentico. Potere dell’ospitalità tutta toscana. Vivono in un casale in arrampicato sulla collina che guarda la Val d’Orcia, Pienza, Montepulciano e il monte Amiata, dove la vita ha un altro senso, un passo lento e il sapore del lavoro nei campi.
Montalcino con la luce ancora calda di ottobre è un gioiello incastonato tra le vigne che danno il “petrolio rosso”. Brunello come un comandamento, regola antica che si tramanda di generazione in generazione. Come la vita, di padre in figlio.
A diciotto anni Marco Mantengoli era un ragazzo come tanti: voglia di divertirsi e condividere con gli amici la spensieratezza di un’età che sta per diventare adulta ma che è ancora adolescente. Col diploma in mano – perito agrario con specializzazione in viticoltura ed enologia – dal babbo un giorno ha ricevuto non le chiavi della sua prima macchina, ma quelle dell’azienda di famiglia. Vasco ha capito che quello era il momento giusto per passare al figlio il testimone di un vita spesa nel podere, tra il trattore e i quattro ettari di “Brunello come Dio comanda”. Cambio generazionale con quindici anni di anticipo, Vasco ha capito e ha fatto la sua scelta.
Oggi Marco di anni ne ha 37 e l’azienda sta sulle sue spalle. Vasco c’è e dall’alto dei suoi ottantanni suonati continua a lavorare, come un ragazzo. “Il mio babbo è un sostegno operativo fondamentale per me, il baricentro della nostra azienda”. La madre, Elide, aspetta ancora come un tempo, i ‘suoi’ uomini di ritorno dai campi e dalla vigna, li cura con la sapienza domestica delle donne di Montalcino. Coccole quotidiane a tavola. Come sempre.
Qui a Montalcino il podere è come la famiglia, un bene prezioso da curare con la consapevolezza delle cose che contano, quelle autentiche. Qui la terra è un concetto difficile da dire, è come l’architrave attorno al quale edifichi la tua casa, il caposaldo del tuo presente, l’eredità del futuro che costruisci e un giorno consegni a chi, dopo di te, continuerà a coltivare la terra con la stessa cura, perchè è dalla terra che trai forza e che dai forza a ciò che fai. Terra come casa, come solidità, come riferimento imprescindibile. C’è tutto a La Rasina, tutto quello che serve per vivere: l’orto, la vigna, l’oliveto, il grano. Sostentamento, completezza del ciclo della natura.
“Un bel regalo le chiavi dell’azienda” sorride Marco che forse a diciotto anni si aspettava l’automobile dei suoi sogni di ragazzo. E’ arrivata dopo, ma se l’è dovuta guadagnare col frutto della fatica quotidiana, delle scelte forse più grandi della sua età che ha dovuto prendere per far crescere il podere. “Crescere o morire” è il motto de La Rasina (toponimo del podere che affonda le radici nel primo Novecento ed evoca il corrispettivo etrusco Rasna),
l’eredità morale e materiale del patriarca-filosofo Santi Mantengoli, capostipite di una delle famiglie più blasonate di Montalcino. “Crescere a quel tempo significava aumentare il numero degli ettari coltivati, oggi l’incremento sta anche nel valore aggiunto di una cultura incentrata nel legame fortissimo con la terra che devi saper curare per ottenere il massimo risultato dal punto di vista della qualità: dalla vigna alla cantina”.
Qui funziona così: vieni su a pane, vino e regole e il lavoro è un valore sacro: non puoi strambare, la strada è tracciata e tu la devi percorrere sapendo cosa devi fare per andare dritto. Vasco lo ha imparato da suo padre e lo ha insegnato a Marco che ti mostra orgoglioso i suoi dodici ettari di Brunello: in quindici anni ha più che raddoppiato quelli ricevuti dal padre. Accanto alla casa padronale c’è un casale per gli ospiti che qui scelgono di passare un periodo di relax. Agriturismo sì, ma come dice Marco. La regola, appunto, che muove dalla filosofia dell’azienda. “I nostri ospiti possono gustare i prodotti dell’orto ma devono andare a raccglierli e poi cucinarli da soli. Noi teniamo molto alla possibilità per le persone che vivono in città, di un rapporto vero e diretto con la campagna, la natura e i suoi prodotti”.
La Rasina oggi è una realtà imprenditoriale ben posizionata sui mercati internazionali (dagli Usa all’Europa fino all’Oriente, ultima conquista commerciale) e i Social sono l’autostrada che dopo il lavoro in vigna e nei campi, Marco percorre ogni giorno per raccontare il “DiVasco” Brunello Riserva (un omaggio al padre, la roccia di casa), il Rosso di Montalcino e l’Igt Toscana Sangiovese. “Sono la nostra finestra aperta sul mondo, uno strumento di lavoro oggi come oggi irrinunciabile. Il confronto con gli utenti della rete, sempre più conoscitori di vino e quindi più esigenti, ti consente di interagire, raccontare, fotografare ciò che fai. Ma i Social sono fondamentali anche per promuovere il risultato del tuo lavoro, per farlo conoscere e commercializzarlo”, dice Marco mentre chatta con gli States.
Crescere o morire, diceva Santi. Oggi Marco ci aggiunge la parola “insieme”. Insieme alle persone che lavorano con lui, partendo dai dipendenti, sempre coinvolti nel confronto che porta alla scelta finale, in ogni fase dell’attività. “C’è una consultazione continua tra di noi: dalla famiglia ai consulenti ai dipendenti perchè il concetto è molto semplice: se l’azienda va bene, è un bene per tutti”, dice Marco puntando su concetto di responsabilizzazione. Della serie: qui non si timbra il cartellino.
Ciascun ettaro di Brunello è monitorato in ogni fase, dal ciclo vegetativo a quello produttivo e di ogni lotto di terra si conoscono potenzialità e peculiarità. In cantina le uve vengono lavorate separatamente, come le diverse tecniche applicate in vigna.
Che cos’è il vino per Marco? “E’ il giorno, ma ci si va anche a letto”. E se gli chiedi perchè il suo Brunello dovrebbe essere diverso dagli altri, lui non esita un istante: “Il mio vino è frutto di una filosofia produttiva molto rigorosa dove la tecnica, la conoscenza, si fondono con l’esperienza e la ricerca continua della perfezione. Nel mio Brunello c’è l’anima di chi lo fa”.
Alle 14.30 di una domenica di ottobre densa di sole che gioca tra le foglie della vigna che ingialliscono e arrosiscono dinanzi a tanto calore, Marco è in ufficio a compilare il registro dell’olio. “Scartoffie su scartoffie, norme su norme assurde, sempre più stringenti che ti portano via tempo, energie, soldi. La burocrazia è una brutta bestia che ci stritola, ci imprigiona in un ginepraio di adempimenti pazzesco. Mi piacerebbe un paese in cui tutti remano dalla stessa parte perchè siamo tutti sulla stessa barca e perchè ci salviamo insieme o affondiamo”, sbuffa irritato.
Responsabilità e lavoro senza tempo. Il tempo nuovo di Marco e Ilaria è già qui: nella pancia di una giovane madre c’è un piccolo cuore che batte, occhi che si schiuderanno alla vita. “Non abbiamo voluto sapere se è maschio o femmina” dicono all’unisono. Vita alla vita. Per lui o per lei, le chiavi della Rasina (e del futuro) sono già pronte. Tra diciotto anni.